Il Covid-19 si è abbattuto pesantemente anche sulle imprese della Sardegna, soprattutto su quelle artigiane, minandone profondamente i fatturati, la stabilità sui mercati e le prospettive future, ma anche spingendo le attività produttive ad attivare importanti contromisure per sopravvivere allo shock pandemico.

E i numeri chiave, che emergono dal report “Covid-19 Sardegna. La lenta ripresa”, realizzato dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, parlano chiaro: le piccole realtà sarde nel bimestre marzo-aprile, hanno più che dimezzato il proprio fatturato, registrando un calo del 56% del giro d’affari rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Inoltre, il 56,1% delle attività sta risentendo della mancanza di liquidità a seguito dell’emergenza sanitaria, mentre il 48,8% prevede, fino a fine anno, “seri rischi operativi e di sostenibilità” della propria attività. 

Il documento, analizzando il fatturato delle imprese, le strategie adottate per uscire dalla crisi e altri fattori quali il mercato del lavoro, lo smart working, il commercio estero, la burocrazia, le soluzioni ICT, gli importi finanziati dal Fondo di garanzia e il trend del credito, in particolare nelle costruzioni, nel green e nel digitale, incrociando le risposte alle domande effettuate direttamente agli imprenditori sulla situazione COVID19, e prendendo in esame i dati rilasciati da INPS e INAIL negli ultimi mesi, ha scattato la fotografia dell’attuale situazione del sistema imprenditoriale isolano.

Lo studio verrà presentato questo pomeriggio ai delegati all’Assemblea Regionale di Confartigianato Sardegna, riunita in videoconferenza.

 “Tutti percepiscono le difficoltà che vivono le imprese della Sardegna, soprattutto delle piccole – commentano Antonio Matzutzi e Daniele Serra, Presidente e Segretario di Confartigianato Imprese Sardegnaperò noi crediamo occorrano i numeri perché si comprenda in pieno la gravità della situazione. Attraverso questa nostra analisi, abbiamo voluto realizzare un vero e proprio “bollettino sulla salute delle imprese della Sardegna”, esattamente come si fa con i pazienti gravi in ospedale, perché il sistema artigiano è in grave pericolo”. “Questo è il primo di una lunga serie e servirà a monitorare la situazione, quasi in tempo reale, delle imprese artigiane sarde – continuano Presidente e Segretario servirà al sistema e soprattutto ai decisori politici e agli amministratori per fare scelte nel modo più chiaro, consapevole e veloce possibile. Fra 2 mesi rilasceremo il secondo, per conoscere, finito il lockdown, l’evoluzione della crisi e quali anticorpi abbiano sviluppato le imprese e il nuovo “quadro clinico””. “Tutto ciò ci spinge a immaginare, e costruire, un nuovo futuro – proseguono – crediamo che per uscire dalla crisi si debba fare leva sul modello del sistema produttivo italiano e sardo, fatto di piccole imprese diffuse di territorio che vivono di tre sostenibilità: economica, sociale, ambientale”. 

I primi dati del “bollettino” raccontano come tra marzo e giugno, le aperture delle nuove imprese siano calate del 32,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno passato. Pesanti le riduzioni nelle attività manifatturiere (-46,9%) e nelle attività di servizi di alloggio e ristorazione (-45,7%). Segnano il passo anche le costruzioni (-33%).

Per ciò che riguarda le assunzioni, il primo trimestre 2020, era partito positivamente con 60mila rapporti di lavoro attivati (-6.6% rispetto al 2019) e con sole 49mila cessazioni, con un saldo positivo di oltre 11mila. La prima parte del lockdown, ha però comportato, in questo trimestre rispetto allo stesso periodo del 2019, un crollo delle nuove assunzioni del -38,2% rispetto al saldo del 2019. Nel solo marzo 2020 le assunzioni sono calate del 28%, sempre rispetto all’anno passato.

Nelle imprese artigiane, le assunzioni previste dalle imprese a luglio 2020 risultano inferiori del 30,9% rispetto a quelle previste nello stesso periodo del 2019 (-4.170 ingressi in meno previsti a luglio 2020).

Importanti anche i numeri degli ammortizzatori sociali. Tra aprile e giugno, sono state attivate ben 28milioni e 178mila ore tra cassa integrazione e fondi di solidarietà con causale “Covid19”, di cui 17milioni tra CIG ordinaria e in deroga. Solo a giugno le ore sono state 1milione e 200mila per la CIG ordinaria, 2milioni e 323mila per i Fondi di Solidarietà e 800mila per la CIG in deroga, per un totale di 4milioni e 400mila ore autorizzate. A questo proposito il sistema bilaterale dell’Artigianato, seppur con non poche difficoltà, sin da subito ha dato risposte concrete al sistema artigiano in difficoltà.

Hanno fatto richiesta di accesso a misure di sostegno della liquidità e del credito il 43,3% delle imprese. 20 mila domande pervenute dalle imprese sarde al Fondo di garanzia al 27 luglio (91,2% per operazioni fino a 30mila euro). Il trend del credito alle imprese a marzo 2020 segna un -0,7% per le medie grandi imprese e un -0,4% per le piccole.

Alla luce di questi drammatici dati – continuano Matzutzi e Serra – è importante che la Regione si attivi, con la delibera della Giunta prima, e con il bando pubblico dopo, per mettere concretamente a disposizione del comparto i 15milioni di euro, stanziati per il settore. Ricordiamo che questi fondi andranno a rimpinguare la Legge949 del 1952, uno strumento che, data la sua snellezza, ha contribuito a far sviluppare il comparto”.

Su questa Legge, Confartigianato Sardegna ha presentato una serie di spunti per rendere immediatamente operative e spendibili le risorse destinate. Tra questi ci sarà l’utilizzo, come detto, dello strumento della Legge 949/51 che, in passato, ha dato ampia dimostrazione di chiarezza, semplicità di accesso e immediatezza degli interventi e dei risultati; l’innalzamento della percentuale di finanziamento a fondo perduto per investimenti fino al 40%; il contributo in conto gestione e credito di esercizio a tasso zero.

Accanto al bisogno di liquidità – proseguono Presidente e Segretario – per il quale occorre essere ancora più incisivi con le banche perché in questo momento di grande difficoltà sostengano il mondo economico, le imprese hanno la necessità che la politica lavori per assicurare che ai provvedimenti contenuti nei provvedimenti emanati seguano fatti concreti che siano in grado di far produrre i loro effetti sul mondo economico con la massima rapidità”. “Siamo sicuri che se le procedure saranno snelle e di veloce attuazione – concludono Matzutzi e Serra – le risorse messe a disposizione potranno costituire davvero una boccata d’ossigeno e un’occasione di rilancio e riscatto per un comparto in forte difficoltà. Comparto che, se adeguatamente valorizzato, ha però sempre dato prova di saper reagire anche nelle situazioni più difficili”.

Da tale analisi emergono alcune evidenze sulle strategie adottate dalle imprese per sopravvivere allo tsunami pandemico.

Le principali strategie reattive adottate dalle imprese per rispondere alla crisi Covid19 sono: la riorganizzazione interna dell’impresa indicata dal 24,0% delle imprese e la modifica o ampliamento dei canali di vendita indicata dal 12,0% delle imprese. In Sardegna, inoltre, il 13,2% delle imprese ha introdotto lavoro a distanza o smartworking. La nostra regione figura tra quelle che ne hanno fatto un utilizzo minore durante il lockdown (marzo-aprile). Inoltre, il 71% delle MPI sarde hanno introdotto soluzioni aziendali per ridurre l’impatto sull’ambiente.

Importanti anche i segnali che arrivano dai servizi e dalle attività da svolgere attraverso la “rete”.

Dall’analisi emerge come le famiglie connesse in banda ultra larga (BUL) ad almeno 30Mbps sono il 53,8% (66,0% media nazionale), mentre quelle connesse ad almeno 100Mbps sono il 25,2% (34,5% nazionale). Emerge anche come il 45,4% dei comuni dell’Isola non offra la possibilità di poter usufruire nemmeno di un servizio interamente on-line (dall’avviamento alla conclusione). Il lockdown ha avuto anche un importante impatto sui consumi online. Infatti, la quota di e-shopper tra gli internauti sardi si attesta al 37,2% (>36,1% nazionale) e la spesa generata da questi raggiunge nel 2019 un valore di 720milioni di euro.

Purtroppo la pandemia ha avuto un impatto anche sulle esportazioni delle imprese isolane. Al primo trimestre dell’anno in corso, l’export di prodotti manifatturieri (al netto dei prodotti petroliferi) diminuisce del 14,8% e quello dei soli manufatti realizzati nei settori a maggior concentrazione di MPI sale del 17,8%, trainato dalla crescita delle vendite all’estero di prodotti in metallo, tessili e legno.