Fantasia, passione, dedizione, cura per i particolari, pazienza, precisione maniacale per le misure e tanta voglia di mettersi in gioco anche dopo quasi 50 anni passati nel laboratorio di via Dante 71 a Cagliari, tra forbici, ago, filo, tessuto e clienti da tutto il mondo. Con un solo obiettivo: la perfezione.

E’ così che Gianfranco Orrù, 63enne stilista cagliaritano, è diventato il miglior sarto d’Italia, vincendo il Trofeo Arbiter, l’Oscar italiano per la sartoria che ogni anno premia l’eccellenza della moda artigiana maschile e celebra il talento dei sarti italiani.

Il prestigioso trofeo è stato assegnato dopo la 2 giorni “Milano su misura”, evento dedicato agli artigiani dell’abbigliamento provenienti da tutta Italia.

Il maestro Orrù, alla giuria europea di esperti della moda e ai canali web dedicati, ha presentato “uno spezzato tre pezzi, intitolato “Il bosco in città”: giacca ispirata al modello Norfolk, monopetto, due bottoni, tasconi a toppa con pattine, cinta al punto vita, e gilet in tessuto Coarsehair di Loro Piana. Verde bottiglia per il pantalone in velluto rigato Loro Piana con due pince alla francese”.

“Per la capacità con cui ha interpretato il tema”, i giudici e platea social hanno, quindi, voluto premiare il sarto cagliaritano che “è intervenuto su un modello tradizionale, quale la Norfolk, senza togliere troppo alla giacca, nata per le passeggiate. Il suo è un capo che evoca la campagna, con un tessuto che attinge alle ispirazioni di quelli scozzesi, con una sfumatura di verde che va dal verde muschio al lichene”.

Grazie a questo risultato, la foto della sua giacca è finita anche sulla copertina del mensile “Arbiter”, la “bibbia” italiana del viver bene e di classe. 

Calma travolgente, sorriso accattivante, mani d’oro e uno sguardo che “scansiona” il fisico e le necessità del cliente, Orrù da 5 decenni soddisfa le richieste dei tanti che si rivolgono a lui per aver conosciuto la sua professionalità, la fantasia e la sua abilità nel “adattare” gli abiti alla forma del corpo. Tanti sono i clienti italiani e altrettanti sono quelli che vengono dal resto dell’Europa, in particolare dalla Germania, e numerosi sono anche i russi che ne hanno apprezzato le capacità sartoriali. Il fattor comune dei compratori, è che tutti amano il bello e la comodità, distinguersi ed essere notati. Secondo Orrù, il sarto moderno deve velocizzare il lavoro, usando le mani e la macchina da cucire, mantenendo però la qualità sempre alta e impegnandosi a tramandare quest’arte.

La storia professionale del sarto cagliaritano comincia a 14 anni quando, dopo le mattinate a scuola, inizia a frequentare una sartoria vicino a casa sua e a osservare il suo maestro nel prendere le misure ai clienti, tagliare i tessuti e cucire gli orli. Decide poi di iscriversi all’Istituto Nautico di Cagliari ma, per una serie di combinazioni e casualità, non riesce a formalizzare l’ammissione situazione che lo porta, per 5 anni, a fare l’apprendista in sartoria e a frequentare numerose scuole di taglio.

Da quel momento comincia la sua carriera di sarto su misura nel laboratorio di via Dante a Cagliari e, soprattutto in giro per il mondo, a presentare gli abiti, a prendere misure ai clienti e a dirigere importanti laboratori sartoriali. Nel 1998 vince “Le forbici d’oro”, ambitissimo premio che da oltre 70 anni premia i giovani sarti italiani.

Nel 2015 riceve una proposta dall’Iran per dirigere una importante catena di produzione di abiti sartoriali su misura, con 23 punti vendita. E’ una esperienza, umana e professionale molto importante che durerà tre anni, che lo porterà a fare spola mensile tra Teheran e Cagliari e soprattutto farà conoscere la qualità della moda sartoriale italiana in un Paese che apprezza molto l’altissimo standard qualitativo nel nostro Paese. Conclusa l’esperienza in Persia, inizia la collaborazione con Zegna, lo storico marchio piemontese fondato nel 1910. Successivamente avvia in Turchia una esperienza con azienda sartoriale, che per 1 anno lo porta, in qualità di modellista, a lavorare per un rinomato marchio locale.

Secondo Orrù, “quello della moda in Sardegna è un settore di grande eccellenza e tradizione, fatto di una vasta rete di piccoli artigiani, che dal disegno al taglio realizzano capi e oggetti unici. La sartoria artigianale nonostante, o forse grazie alla crisi, è un settore ancora vivace e il sarto-sarta è una professione “a tutto tondo”. Il vero problema della professione sartoriale è la scarsa capacità di tramandare questa arte ovvero di non riuscire a trasmettere ai giovani i segreti. Tale problema potrebbe essere risolto programmando la formazione, i corsi e gli stage fin dalla scuola secondaria, perché la manualità e la sensibilità per la lavorazione dei tessuti deve avvenire il prima possibile. La ricetta vincente è dunque presentarsi sul mercato con creatività e qualità. Lo spazio c’è. Oggi sappiamo che tra le professioni più richieste ci sono quelle di sarto modellista, professionalità importante in cui la disponibilità è ancora superiore all’offerta. All’estero c’è molto interesse per le produzioni made in Sardegna ma il settore non ha ancora trovato, come pian piano sta accadendo per altre produzioni, i canali giusti per proporre le proprie lavorazioni ai buyer internazionali. E’ quindi necessaria un’opera di sviluppo continuo per far crescere le imprese, proporre nuove linee e prodotti innovativi per presentarsi alle manifestazioni e ai buyer esteri. Naturalmente, è fondamentale il ruolo delle Istituzioni pubbliche che svolgono attività volte all’internazionalizzazione delle aziende italiane”.

Per Orrù, il Covid ha modificato, in parte, la professione, imponendo una “rivoluzione” on line nel prendere le misure, mandando bozzetti virtuali e presentando le foto ai clienti durante la lavorazione degli abiti. “Anche se il nostro è un mestiere a forte contatto fisico ed empatico con il cliente, la transizione digitale è inevitabile. La tecnologia c’è ma c’è ancora tanto da fare per sviluppare una tecnologia che possa supportare, senza sostituirla, la manualità e il senso del “gusto” per i tessuti”.

Il settore della Moda in Sardegna, a metà 2020, registrava 336 attività con ben 273 realtà artigiane; queste ultime offrivano lavoro a 547 addetti. Infatti, quello che produce capi di abbigliamento, accessori, gioielli e scarpe è ancora un comparto vivo, che prova a reagire cercando nuove, e alternative, fette di mercato.

Nella distribuzione territoriale, 104 realtà, di cui 84 artigiane, operano nel nord della Sardegna, nei territorio di Sassari-Gallura. Nella provincia di Cagliari sono 96 le attività, 76 le artigiane; segue Nuoro con 61, di cui 49 artigiane, il Sud Sardegna con 40, di cui 32 artigiane. Chiude Oristano con 35 realtà di cui 32 artigiane.

“Ancora una volta gli artigiani sardi sono nel gotha del fashion design nazionale e internazionale e di questo siamo molto orgogliosi – commenta Fabio Mereu, Presidente di Confartigianato Sud Sardegna – perché queste piccole, ma preziosissime realtà, sono la prova del fatto che anche in Sardegna si può  lavorare bene, realizzando produzioni che non temono la concorrenza. E, lo diciamo con orgoglio, i nostri artigiani della moda non sono secondi a nessuno”. “A livello regionale, nazionale e internazionale – sottolinea Mereu – la nostra Associazione sta svolgendo una intensa attività per offrire maggiori opportunità di crescita e per far conoscere la loro qualità a migliaia di compratori”. “Il grande bacino della moda sarda – conclude il Presidente di Confartigianato Sud Sardegna – è come una “perla” da coltivare, valorizzare ed esporre in ogni “mercato” del Mondo. Ci auguriamo che anche la Regione possa supportare queste realtà nel loro percorso di crescita”.

“Come dimostrano la realtà della Sardegna – commenta Pietro Paolo Spada, Segretario di Confartigianato Sud Sardegna – il sistema moda territoriale è rappresentato da una vasta rete di piccoli artigiani, che dal disegno al taglio realizzano capi unici. Da sempre la ricetta vincente è stata quella di presentarsi sul mercato con creatività e qualità soprattutto per contrastare la concorrenza da parte di aziende che utilizzano il brand “artigianale”, quando di fatto si tratta di prodotti importati o realizzati in serie”.